Da Repubblica.it: l’arte giapponese di far vivere un uovo

Da Murakami a Tsuji per arrivare a Nashiki, Murata e Sukegawa così nel Sol Levante un ingrediente assume sfumature simboliche

Non si può che citare il maestro Haruki Murakami, per iniziare: “Io sto sempre dalla parte dell’uovo e mai da quella dei muri”. Spieghiamo il senso e il contesto. Murakami, dopo un viaggio a Gerusalemme per ritirare un premio, usa questa metafora, riferendosi all’eterno conflitto arabo-israeliano, facendo intendere che i muri rappresentano la divisione, la frattura, la sconfitta, mentre l’uovo è l’anima di ogni persona, avvolta da un fragile guscio. Quel guscio che, sempre più spesso, apre dolcemente a storie e romanzi che mettono l’uovo al centro, forte di una simbologia straordinaria che va ben oltre l’immenso valore gastronomico del prodotto.

Un po’ come la storia di Satoji, personaggio scaturito dalla fantasia di Hitonari Tsuji e protagonista di Uova: ex chef impacciato e introverso, inizia a dare un senso alla sua vita abitudinaria conoscendo Mayo, una donna rimasta sola dopo il divorzio da un marito violento e che frequenta con costanza il suo stesso locale, e cucinando per lei e la figlia Oeuf, un’adolescente in rotta perenne con il padre e chiusa nel suo guscio. Che cosa prepara, Satoji? Uova, ovviamente, tanto da guadagnarsi il soprannome di Eggman. E lo fa in una varietà tale di modi, compreso uno strepitoso e originale tiramisù italiano, che, leggendo il libro, vien voglia di mettersi subito ai fornelli. 

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