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Salse made in Italy: usi e costumi!

Le salse made in Italy, quelle che accompagnano le specialità regionali, hanno una loro identità molto forte fatta di pratiche rigorose.

Le salse made in Italy, quelle della tradizione, quelle che accompagnano le specialità regionali, quelle che per fortuna, non essendo di larghissimo uso come la tradizionale salsa di pomodoro (che un servizio delle Iene, ahimè, pare essere a volte contaminata da materia prima cinese), riescono a mantenere una loro identità molto forte fatta di pratiche rigorose.
Ci sono dei principi cardine da seguire per ottenere una salsa della tradizione di qualità:

  • Come sminuzzare. Secondo i puristi, gli ingredienti per le salse, dal prezzemolo ai pinoli, andrebbero sminuzzati con strumenti meccanici (mortaio, mezzaluna, passaverdura) e non elettrici, per evitare che la salsa si scaldi e quindi si ossidi (diventando magari leggermente amarognola). Inoltre, il metodo manuale rispetta di più le fibre e i nutrienti. Ma c’è un modo per usare il mixer senza incappare in inconvenienti: basta che gli ingredienti siano ben freddi, compreso il bicchiere del frullatore, che potrete mettere per qualche minuto in freezer.
  • La frutta secca. Se scegliete il metodo manuale, aggiungete pinoli, mandorle o noci poco alla volta. In questo modo libereranno meglio gli oli e gli aromi che contengono.
  • Riposo e conservazione. Lasciate riposare la salsa qualche ora in frigorifero prima di usarla: avrà gusto più pieno e uniforme. I condimenti di queste pagine si mantengono in frigo da una settimana a dieci giorni purché riposti in barattoli a chiusura ermetica e coperti con 1/2 cm di olio. Possono anche essere congelati e durano fino a 3 mesi.

Se non le conoscete già, ecco una mia selezione.

Bagnet ross
E’ una preparazione tipica della cucina piemontese. Si tratta di una salsa della tradizione, inserita dal Ministero delle Politiche Agricole nell’elenco dei prodotti italiani a marchio PAT (agro alimentari tradizionali). Il bagnet ross è una salsa a base di aglio, peperoncino, pomodori, cipolle, aceto zucchero e olio di oliva. Può essere consumata in purezza sul pane o per accompagnare le specialità della tradizione regionale come il bollito misto ma anche il fritto misto e i formaggi, come i tomini freschi e stagionati oppure ancora su altri cibi come le acciughe sotto sale dissalate.

Pesto alla genovese
La ricetta originale risalirebbe alla seconda metà del XIX secolo e fu citata in un’opera, La Cuciniera genovese, da un noto gastronomo dell’epoca, Giovanni Battista Ratto. La ricetta riportata afferma: “Prendete uno spicchio d’aglio, basilico (baxaicö) o in mancanza di questo maggiorana e prezzemolo, formaggio olandese e parmigiano grattugiati e mescolati insieme e dei pignoli e pestate il tutto in mortaio con poco burro finchè sia ridotto in pasta. Scioglietelo quindi con olio fine in abbondanza. Con questo battuto si condiscono le lasagne e i gnocchi (troffie), unendovi un po’ di acqua calda senza sale per renderlo più liquido”.
Oggi il Consorzio del Pesto Genovese stabilisce che la vera ricetta del pesto tradizionale contempla 7 ingredienti, garanti di un antico retaggio regionale: Basilico genovese DOP, Olio extravergine d’oliva, possibilmente della Riviera Ligure, Parmigiano Reggiano (con variante Grana Padano) e Pecorino (fiore Sardo), Pinoli, Aglio, Sale.

Pesto trapanese
La storia ci racconta che l’agghia pistata (aglio pestato) ovvero il pesto alla trapanese (ingredienti freschi e a crudo) è nato grazie ai genovesi che, anticamente, provenendo dall’estremo oriente con le loro navi, attraccavano al porto di Trapani. I genovesi, infatti, nelle loro soste a Trapani, fecero conoscere ai trapanesi le loro tradizioni culinarie (il pesto, l’agliata…), e i trapanesi le adattarono a quello che la terra di Sicilia produceva: le mandorle, i pomodori, il basilico e l’olio extravergine di oliva; lentamente, il pesto alla trapanese si diffuse in tutta la Provincia di Trapani. Il resto lo raccontano le busiate (maccheroni attorcigliati con il buso, che è il fusto della disa) che, per eccellenza, è la pasta che si abbina perfettamente al pesto alla trapanese.

Salsa verde
Dal Piemonte alla Liguria, dalla Lombardia al Veneto, la salsa verde è considerata la compagna inseparabile del bollito misto, ma è molto apprezzata anche con le uova sode, le alici marinate e sui crostini a base di formaggio.
Il principale ingrediente è il prezzemolo ma presenta moltissime differenti versioni a seconda di quale sia la città o l’area di realizzazione della succitata gustosa salsa. In alcune varianti locali la ricetta prevede anche l’aggiunta di tuorlo sodo e capperi.

Salsa peverada
Ricorrenti nelle ricette della cucina veneta, i fegatini sono la base portante di questa salsa, insieme a soppressa, acciughe e aglio. Viene accompagnata quasi unicamente alle carni bianche e alla polenta, perché il suo gusto intenso non consente di sbizzarrirsi con gli accostamenti (noi stessi, in questo caso, abbiamo seguito la tradizione). È da provare sul pane abbrustolito.

Salsa di noci
Il matrimonio ideale della squisita salsa di noci è con i pansotti (ravioli di magro tipici della Riviera), ma fuor di tradizione sta bene con qualsiasi pasta e, come vedrete, nel risotto. Per renderla cremosa si usa pane e latte, panna, yogurt, ricotta… ma l’ingrediente giusto è la prescinsêua: una cagliata fresca venduta solo nelle latterie locali.

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